Durante i miei laboratori di esercizi e di esperienza psicocorporea alcune volte mi è capitato di dire con una doverosa dose di ironia, che noi siamo ‘destinati’ alla rigidità. Con la nascita, la venuta al mondo, inizia la nostra morte portando con sé la rigidità psicofisica. Una rigidità corporea e mentale con cui dobbiamo confrontarci e fare i conti continuamente. E’ fondamentale riconoscere queste rigidità cristallizzate in noi, se vogliamo comprendere la nostra ‘corazza caratteriale’ e le nostre modalità difensive. Questo è il primo passo.
Lowen descrive tre tipi di movimenti nella vita animale: dal centro alla periferia, nella direzione longitudinale lungo l’asse del corpo e come terzo movimento tutto il sistema di percezioni e il flusso di informazioni in entrata e in uscita dal corpo.
Di come blocchi e tensioni, dovuti a stress prolungati e ad emozioni inespresse, impediscano il libero fluire di correnti vegetative e vibrazioni, creando deviazioni o inversioni di direzione, si è scritto molto e ciascun partecipante di un laboratorio ne ha fatto esperienza.
Ma vorrei fare un ulteriore passo di comprensione e allargare l’orizzonte, verso un percorso che ci deve portare dalla contrazione all’espansione.
Queste tensioni creando la struttura caratteriale, determinano quell’io separato che con le sue visioni distorte impedisce un ‘essere’ più vasto. La nostra esperienza comune è quella della separatezza. La forma rimane, il corpo rimane, la mente rimane, la psiche rimane. Ma elaborare le tensioni, scioglierle ci porta al superamento dell’io e della separazione verso una sensazione globale di espansione in cui non c’è isolamento o frammentazione.
E ora citando Jean Klein: “E’ la sensazione di espansione che aiuta ad annichilire l’”immagine-io”, poiché l’ego è solo una contrazione, una frazione. (…) Nel lavorare con il corpo espanso, si arriva alla mente espansa. Il corpo-mente espanso è la soglia del nostro vero essere, della consapevolezza senza oggetto”.
Occorre percepire i blocchi e le tensioni per potercene liberare, verso l’espansione come soglia del nostro vero essere. Nel luogo senza confini, o non luogo, possiamo impedire che ogni singola cosa si irrigidisca in se stessa. Le famose parole di Eraclito ci dicono: “I desti hanno un mondo unico e comune, ma ciascuno dei dormienti si ritira in un mondo proprio”. #alessandra.m.trento
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