Praticare è mettere in pratica. Significa apprendere, conoscere e osservare qualcosa per poi metterlo in pratica, farne esperienza e portarlo nella vita, nel nostro quotidiano. Ma in occidente cosa significa praticare e quale è il mezzo più efficace per noi occidentali? In questi ultimi anni, in cui la meditazione è entrata nelle nostre vite, associamo la meditazione al praticare. Ma viene spontaneo chiedersi se partecipare ad un laboratorio di esercizi sia praticare, se utilizzare metodi di terapie psicosomatiche sia praticare, cosa occorre conoscere da mettere in pratica?

Viviamo sopraffatti dalle cose da fare, siamo sommersi dagli stimoli sensoriali e mentali, dai rumori, ma abbiamo a disposizione abili mezzi come le terapie psico-corporee molto efficaci per una mente occidentale e per il nostro stile di vita. Esse offrono un metodo che permette di poter esplorare contemporaneamente il corpo e la psiche. Inoltre alla fine di un percorso di esercizi, ad esempio durante un Laboratorio, raggiungiamo uno stato meditativo, i pensieri più grossolani si calmano, mente e corpo sono rilassati, siamo presenti, equilibrati e quieti. In un percorso di esercizi, in cui il conduttore conosce entrambe le situazioni, possiamo raggiungere stati di esperienza molto significativi per un percorso meditativo.

Nello stesso tempo possiamo praticare la meditazione terapeutica in cui favoriamo il rilassamento, osserviamo le emozioni che emergono, i ricordi e i vissuti.

Se seguiamo un percorso terapeutico di tipo psicosomatico stiamo praticando, se meditiamo stiamo praticando. Ma fare psicoterapia non vuol dire meditare e meditare non è fare terapia. Vi è uno spazio in cui le due vie si uniscono e si integrano, per poi correre parallelamente verso due mete diverse.

Quindi la meditazione non sostituisce un percorso terapeutico e la terapia non può essere la strada della realizzazione spirituale.

Detto questo, diventa indispensabile raggiungere quella base neutra, quello spazio meditativo, in cui sentiamo espansione e stabilità, quiete e amorevolezza.

Nel Laboratorio di Bioenergetica Meditativa approcciamo entrambi i metodi e pratichiamo consapevolmente la strada terapeutica e quella meditativa, riconosciamo le sinergie e percorriamo le due vie. Per un praticante occidentale avere uno strumento e un linguaggio affine, come quello delle psicoterapie, può facilitare la comprensione di sé. Inoltre in un laboratorio lavoriamo anche nell’equilibrare e risvegliare la nostra energia. Questo è un punto importantissimo per la pratica e l’esito delle nostre meditazioni.

Compiere esercizi, ascoltare il corpo, approfondire la respirazione, diventano preliminari indispensabili per sviluppare uno stato meditativo. Grazie a questi preliminari arriviamo a una base neutra in cui conquistiamo uno stato di presenza e consapevolezza. Ma quando emergono ricordi o emozioni utilizzare il linguaggio terapeutico è importante perché esso ci aiuta a comprendere, a riconoscere e a sciogliere nodi psicosomatici.