Il diritto di essere

erba

La respirazione assume un ruolo fondamentale in bioenergetica.
E’ vero che respirare è un fatto spontaneo e quasi meccanico, ma è anche vero che normalmente la respirazione si ferma a un livello molto superficiale.
Sorprende diventare consapevoli di come il proprio respiro sia trattenuto e poco profondo. Quello che si raggiunge con il lavoro bioenergetico è una respirazione profonda e naturale che coinvolge tutto il corpo, che è il modo di respirare del bambino o dell’animale.

Lowen dice: “ Il diritto di essere persona nasce con il primo respiro”; ciò significa che il nostro modo di respirare riflette quanto sentiamo questo diritto. Una respirazione piena e libera indica che ci diamo il diritto di prendere ciò che ci serve dalla vita e che la relazione con la realtà sarà appunto piena e libera.
Lowen individua diverse modalità di trattenimento della respirazione correlate a disturbi della personalità.

La respirazione è anche il modo per fornire ossigeno ai nostri processi metabolici, che a loro volta ci forniscono l’energia di cui abbiamo bisogno; conseguentemente, in teoria, aumentando l’ossigeno abbiamo più energia. Ma l’obiettivo non è aumentare meccanicamente la respirazione, è invece, come abbiamo detto inizialmente, raggiungere naturalezza.
Questo perché il corpo si deve abituare gradualmente a una respirazione più profonda che aumenti il livello energetico, altrimenti diventa sovraccaricato e si contrae creando sintomi come l’iperventilazione o formicolii o altro. Queste reazioni possono inquietare la persona che, se è in grado di tollerare una carica più elevata, percepisce invece una maggiore vitalità corporea.
Infatti gli esercizi bioenergetici non insistono particolarmente sul respiro, non danno “tecniche” di respirazione, ma vogliono rendere una persona più consapevole di come sta (o non sta) respirando, e lo scopo è di portarla a sentire e ad allentare quelle tensioni che le impediscono un respiro pieno e spontaneo. Durante gli esercizi il respiro non deve mai essere “forzato”, bisogna lasciare che “accada da sé”.

Sono le tensioni muscolari croniche quelle che limitano e condizionano il modo di respirare, tensioni nate da conflitti emotivi formatisi durante la crescita. Pertanto ripristinare una respirazione naturale significa riconoscere quelle tensioni e imparare ad allentarle.

Il concetto di identità funzionale tra il corpo e la mente ci dice che allentare una tensione equivale a riconoscere i sentimenti e le emozioni in essa trattenuti. Pertanto una respirazione profonda significa sentire profondamente e il risultato sarà la riattivazione dei sentimenti repressi.
Infatti quando dobbiamo inibire la nostra vitalità o in situazioni di stress, blocchiamo la respirazione, diminuendone l’ampiezza e impedendo così che la produzione di energia ci porti all’espressione.
Per mantenere una respirazione superficiale creiamo tensione e limitiamo i movimenti respiratori alla zona del diaframma e al torace.

Lowen parla di onde quando si riferisce ai movimenti respiratori di inspirazione e di espirazione.
Essendo la respirazione in gran parte un’attività muscolare, quella naturale coinvolge tutto il corpo, nel senso che tutto il corpo è influenzato dalle onde respiratorie che lo attraversano anche se non tutte le sue parti sono impegnate attivamente nella respirazione.
L’onda inspiratoria sale dal basso verso l’alto, va dal profondo della cavità addominale fino alla bocca. Una tensione frequente è quella della gola.
L’onda espiratoria scende dalla testa verso i piedi. Un disturbo frequente è l’arresto dell’onda all’altezza dell’ombelico o delle ossa pelviche per impedire il coinvolgimento del bacino nel processo respiratorio.

Una respirazione sana coinvolge la cavità addominale inferiore. Quando respiriamo in modo rilassato, il diaframma si abbassa favorendo ai polmoni un’espansione maggiore; successivamente la parte inferiore del ventre si dilata e poi anche il torace si espande. Questa respirazione rilassata è più addominale che toracica e consente un’inspirazione profonda con uno sforzo minimo.

Nell’espirazione, che è un processo passivo, questi movimenti si susseguono in senso inverso. In questo modo tutti i muscoli partecipano alla respirazione, anche quelli pelvici che assecondano il movimento facendo ruotare lievemente il bacino: all’indietro durante l’inspirazione, proprio per accompagnare la dilatazione del ventre; in avanti durante l’espirazione. Quando siamo sdraiati possiamo sentire come anche tutta la colonna vertebrale e la testa partecipano al movimento.
Le tensioni e i blocchi, spezzando la nostra unità corporea, impediscono che l’onda respiratoria si propaghi naturalmente verso il basso e che attraversi il nostro corpo. Spesso una parte del corpo si muove in opposizione rispetto a un’altra relegando il respiro ad aree localizzate.

Vi è un altro aspetto che Lowen ci descrive: nell’espirazione, che è il processo passivo, vi può essere la paura di “lasciarsi andare”; mentre nell’inspirazione, che è il processo attivo, vi è la paura di protendersi attivamente verso il mondo.
Non ci si deve spaventare quindi se, durante una classe d’esercizi, ampliando la nostra respirazione emerge un pianto o una sensazione di gioia o altri sentimenti, perché essi sono l’espressione della nostra energia vitale. “Sciogliersi in lacrime” è il meccanismo che abbiamo per sciogliere le tensioni, il pianto facilita la respirazione e dà sfogo alla tensione ed è frequente dopo un pianto percepire un senso di pace interiore.

Connessa alla respirazione vi è l’emissione di suoni.
Durante una classe di esercizi ai partecipanti viene chiesto di lasciare uscire il proprio suono. A causa dell’educazione ricevuta da piccoli, molte persone provano vergogna o un’inibizione vera e propria nell’emissione della voce. Il soffocamento di quei suoni infantili (pianto, strilli) ha provocato una serie di costrizioni e tensioni nella gola, nel collo e nella mascella, con una conseguente riduzione della respirazione; così da adulti non siamo più capaci di emettere espressioni vocali.

Rendere un respiro sonoro, per esempio emettendo un sospiro, ci aiuta a “sentire” in che misura stiamo respirando; ci aiuta anche a farci udire e a riappropriarci del diritto di far uso della nostra voce.
Dare voce alle proprie sensazioni corporee, durante gli esercizi, serve anche ad allentare la tensione e a diminuire il dolore.
Non possiamo ignorare come la respirazione sia un elemento fondamentale nella filosofia indiana e nelle pratiche di meditazione e di come il respiro sia il simbolo di tutte le forze vitali e stia al primo posto fra le funzioni corporee del prana. L’idea che l’aria contenga delle forze spirituali e delle energie vitali “sottili” non appartiene solo al mondo indiano; infatti la parola greca pneuma significa sia “spirito”, sia “aria”.

Con la parola “i(n)spirazione” possiamo indicare sia l’aria che immettiamo nei polmoni, sia un senso di consapevolezza ed esperienza creativa dirette, equivalente a un insight psichico.
Ritornando alla religione indiana, un testo pali ci descrive come la respirazione possa diventare veicolo di esperienza spirituale. Partendo dalla semplice osservazione del processo di respirazione si può diventare consapevoli di essa e di tutto il corpo; sperimentando poi tutto il corpo si può acquietarne le funzioni raggiungendo un’armonia interiore e una suprema beatitudine.
Non vogliamo ora fare parallelismi tra la bioenergetica e il buddismo, ma con gli esercizi di respirazione e sciogliendo le nostre tensioni, quando raggiungiamo un respiro naturale che attraversa tutto il nostro corpo, possiamo vivere un’esperienza di vitalità, di benessere e di grande armonia interiore.