Classi d’esercizi
Sentire il corpo
Oltre al counseling individuale o di gruppo nella bioenergetica esiste anche questa opportunità esperienziale costituita dalle classi di esercizi.
Perché una persona sceglie di fare esercizi bioenergetici? Cos’è una classe di esercizi e cosa accade durante lo svolgimento di una classe? Sono queste le domande a cui cercheremo di rispondere ovviamente mantenendo sempre chiaro il punto che stiamo parlando di un percorso corporeo e che quindi l’unica vera comprensione possibile sarà di tipo esperienziale corporeo.
Scegliere di frequentare una classe di bioenergetica
Le persone che decidono di avvicinare la bioenergetica possono essere spinte da varie motivazioni e con diversi obiettivi che vanno dal semplice desiderio di allentare lo stress al bisogno di risolvere un problema fisico, o un lieve disagio esistenziale-emotivo; o vogliono accompagnare un percorso individuale con l’esperienza corporea; o più semplicemente può essere presente un desiderio di maggiore autoconoscenza, di creare uno stato di benessere e di equilibrio.
Una classe è formata da un gruppo di persone che eseguono degli esercizi sotto la guida di un conduttore; la sua durata può essere di 50 o di 80 minuti con una frequenza settimanale.
Le classi infatti non sono gruppi terapeutici perché non prevedono il momento di elaborazione analitica ma questo non significa che con gli esercizi non si lavori anche sullo scioglimento dei blocchi cronici appartenenti all’armatura caratteriale o che non vi sia espressione emozionale. Possiamo dire dunque che le classi sono terapeutiche ma non in senso analitico. Sono definite classi o laboratori, proprio per distinguersi dalla finalità del “gruppo”
Esperienze corporee
Il corpo appare quasi sempre distante e misterioso, lo usiamo ma raramente nel quotidiano lo percepiamo. Ci occupiamo di lui spesso solo a seguito di una malattia o quando è sfibrato dallo stress. Iniziare a fare esercizi significa instaurare un rapporto nuovo con il proprio corpo, significa riconoscere sensazioni fisiche, a volte anche insolite come tremori, tensioni, vibrazioni, o semplicemente percepire caldo, freddo, pruriti, così da iniziare a togliere il proprio corpo da quello stato di insensibilità e distanza. Con queste percezioni comincia la riappropriazione delle nostre sensazioni fisiche.
Emotivamente possiamo avvertire piacere, stupore, ansia, inquietudine e avere varie reazioni, perché quando ci affacciamo su questo mondo sconosciuto che è il corpo, possiamo provare curiosità e gioia, ma anche un certo timore dell’ignoto.
Un’altra importante informazione è legata al respiro, a come tenda a rimanere a un livello superficiale. Ciascuno di noi ha un proprio ritmo respiratorio, con una sua profondità e con dei blocchi, ma intuire che l’ampiezza della propria respirazione è limitata rispetto al potenziale biologico è il primo passo verso il cambiamento.
Per compiere un esercizio o un movimento spesso permane l’apnea, come se l’attenzione possa essere rivolta a una sola informazione per volta: o al movimento o alla respirazione.
Il partecipante alla classe, pur vivendo queste difficoltà iniziali, può intuire che si apre un prezioso percorso verso la naturalezza e la possibilità di integrazione corporea. Proprio per questo è importante avere di fronte la figura del conduttore che compie assieme al gruppo parte degli esercizi, comunicando così, in modo corporeo, la possibilità di entrare in questo nuovo processo esperienziale e di poter raggiungere un’integrità e un’unità energetica .
Il gruppo
Oltre alla presenza del conduttore anche gli altri partecipanti alla classe hanno un ruolo fondamentale nel comunicare un sentimento di fiducia verso il percorso di integrazione. Vi è come un effetto di risonanza per cui la presenza di altre persone attiva il contatto con il proprio corpo.
Sentire il suono o il respiro di altri fa portare l’attenzione al proprio respiro, sovente ci si accorge di mantenere una respirazione ridotta proprio quando si ascolta qualcun altro che sospira profondamente. Accade la stessa cosa per la voce, sentire la voce degli altri costituisce un confronto positivo e facilitante. Ma il suono degli altri può anche disturbare o inibire, non si riesce a mantenere il proprio confine o la concentrazione su di sé, oppure lo si ascolta con un atteggiamento giudicante.
Tutte queste reazioni sono informazioni utili su di sé e sul proprio modo di stare con gli altri. Queste reazioni, a un esame più attento, ci danno informazioni sul nostro stato corporeo e relazionale. Un altro atteggiamento iniziale (all’inizio di una frequentazione di classi) è quello di pensare che gli altri stiano “fingendo”, ma anche questo lo possiamo riportare a noi stessi e forse a come “fingiamo” un distacco emozionale.
Quindi non si tratta di rimanere a un livello di “giudizio”, valutando se ciò che accade sia giusto o sbagliato (a me e agli altri), ma di intraprendere un agile movimento di connessione tra le sensazioni corporee, i pensieri, le immagini, i ricordi, il respiro, le emozioni; una connessione tra tutto ciò che sentiamo emergere. Questo significa anche iniziare a liberarsi da schemi di comprensione che ci hanno portato fino a quel punto, ma che cominciano a essere inattuali.
Questo percorso di riconnessione è facilitato dal conduttore che suggerisce con delle proposizioni la possibilità di questi collegamenti; scopriamo così nuove connessioni anche semplicemente cambiando il punto di osservazione. Queste nuove integrazioni stanno alla base e sono fondamentali per poter avere l’esperienza dell’unità corporea di tutte le funzioni dell’essere.
Autoregolazione
Il cambiamento è dato da un progressivo sperimentare e da una continua verifica dei risultati ottenuti.
In questo percorso di maggiore consapevolezza siamo accompagnati dall’insegnante.
Come abbiamo già avuto modo di dire, il conduttore (o insegnante) accetta, sostiene e accoglie le emozioni dei partecipanti; così facendo dà “contenimento” al gruppo e alle singole persone.
Questo atteggiamento regolatore e accettante diventa quasi un nuovo “imprinting” per i partecipanti. Facendo appello alla capacità adulta di accogliere e integrare le emozioni “terrorizzanti” si può formare una nuova struttura di autoregolazione. Solo con questo movimento continuo di scandagliare i vissuti infantili riportandoli alla consapevolezza adulta, senza lasciarsi travolgere da essi, si induce un’espansione di coscienza.
In una classe di esercizi i partecipanti, riorganizzando la loro energia e la loro consapevolezza, creano una nuova struttura di autocontenimento. Si tratta di una struttura psicofisica che ci rinforza nel nostro senso di identità.
Sentire ciò che accade quando il proprio essere viene modificato dall’atto di apprendere qualcosa, cioè dall’atto di conoscere, genera un senso di sé. Di fatto il nostro senso di identità è sostanziale col conoscere e può anche influenzare l’elaborazione di qualsiasi cosa si arrivi a conoscere. Proprio per questa ragione una struttura di autoregolazione, che ci permette di contattare le nostre emozioni, ci fortifica anche nel senso di identità.
“Autoconoscenza” è da intendersi come “conoscenza con un senso di sé”.
In termini pratici possiamo dire che mentre si vive un esercizio, entrare in relazione con il proprio limite o col dolore o col piacere è autoregolazione. Tutto ciò si traduce nel non evitare sensazioni fisiche ed emozionali; come pure nel non lasciarsi “sopraffare” da esse. In altre parole possiamo sentire il punto esatto in cui entrare in relazione, o meglio instaurare l’atto vitale di partecipazione. Questo è il senso profondo di un laboratorio di autoregolazione.
Esercizi Espressivi
In un Laboratorio di Autoregolazione vi possono essere anche esercizi espressivi.
Sono più legati al modello tradizionale di Lowen e al concetto base delle classi: quello di carica e scarica energetica.
La costruzione di “carica” che avviene utilizzando determinati esercizi è fondamentale per poter offrire all’organismo l’opportunità di una scarica espressiva focalizzata e consapevole.
Una persona può aver accumulato un alto livello di tensione, dovuta anche a uno stress momentaneo, ma spesso non ne è consapevole, oppure “smaltisce” inconsapevolmente questa tensione con un alto livello di irritazione o frustrazione o negazione o somatizzandola.
Offrire l’opportunità all’organismo di rivivere, lasciando riemergere il ricordo e la tensione immagazzinata, ma con una risoluzione positiva di scarica e di espressione, ristabilizza nel corpo un equilibrio energetico. Un equilibrio di fluido scorrimento energetico.
Il conduttore porterà l’allievo ad una espressione chiara e precisa e non alla dispersione. E con indicazioni precise, anche di tipo verbale, suggerendo frasi quali: no, basta, via, insegnerà al partecipante la via per una espressione di sé, riportandolo ad un prezioso e fondamentale riequilibrio energetico.
Nel processo del lavoro espressivo possono emerge tante “modalità” di risoluzione che la persona spesso attua in situazioni di affermazione di sé. Ad esempio ci può essere la rinuncia, l’esibizione, l’accondiscendere e altre ancora. Ma come sempre il processo è un modo per entrare in relazione con se stessi e un prezioso modo di autoconoscenza.