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inizia il laboratorio di esercizi

è iniziato il laboratorio di esercizi e consapevolezza corporea.

è possibile inserirsi perché vi sono posti ed è possibile avere una serata di prova gratuita.

La novità di quest’anno è la nuova sede, siamo presso l’Istituto di Psicologia Somatica

Partecipare al Laboratorio significa decidere di avere cura per se stessi, di voler allentare lo stress e le tensioni, di sviluppare maggiore attenzione e consapevolezza, di volersi conoscere attraverso il movimento e l’ascolto, di sviluppare centratura e pienezza.

non occorre aver avuto esperienze precedenti, il viaggio ha sempre inizio da un primo passo.

INIZIA IL LABORATORIO DI ESERCIZI

Mettiamo nella nostra agenda autunnale un incontro con noi stessi!

Cerchiamo equilibrio, benessere e risposte, ma non cerchiamole al di fuori da noi.

Il viaggio nella nostra interiorità può rivelarci risorse e qualità sopite e inaspettate.

Non lasciamo che lo stress e la stanchezza abbiano il sopravvento.

IL LABORATORIO INIZIA IL 6 SETTEMBRE

mercoledì dalle 20.30 in via Piacenza a Milano

contattateci per ogni informazione – è prevista una serata di prova gratuita – ti aspettiamo!

praticare in occidente

Praticare è mettere in pratica. Significa apprendere, conoscere e osservare qualcosa per poi metterlo in pratica, farne esperienza e portarlo nella vita, nel nostro quotidiano. Ma in occidente cosa significa praticare e quale è il mezzo più efficace per noi occidentali? In questi ultimi anni, in cui la meditazione è entrata nelle nostre vite, associamo la meditazione al praticare. Ma viene spontaneo chiedersi se partecipare ad un laboratorio di esercizi sia praticare, se utilizzare metodi di terapie psicosomatiche sia praticare, cosa occorre conoscere da mettere in pratica?

Viviamo sopraffatti dalle cose da fare, siamo sommersi dagli stimoli sensoriali e mentali, dai rumori, ma abbiamo a disposizione abili mezzi come le terapie psico-corporee molto efficaci per una mente occidentale e per il nostro stile di vita. Esse offrono un metodo che permette di poter esplorare contemporaneamente il corpo e la psiche. Inoltre alla fine di un percorso di esercizi, ad esempio durante un Laboratorio, raggiungiamo uno stato meditativo, i pensieri più grossolani si calmano, mente e corpo sono rilassati, siamo presenti, equilibrati e quieti. In un percorso di esercizi, in cui il conduttore conosce entrambe le situazioni, possiamo raggiungere stati di esperienza molto significativi per un percorso meditativo.

Nello stesso tempo possiamo praticare la meditazione terapeutica in cui favoriamo il rilassamento, osserviamo le emozioni che emergono, i ricordi e i vissuti.

Se seguiamo un percorso terapeutico di tipo psicosomatico stiamo praticando, se meditiamo stiamo praticando. Ma fare psicoterapia non vuol dire meditare e meditare non è fare terapia. Vi è uno spazio in cui le due vie si uniscono e si integrano, per poi correre parallelamente verso due mete diverse.

Quindi la meditazione non sostituisce un percorso terapeutico e la terapia non può essere la strada della realizzazione spirituale.

Detto questo, diventa indispensabile raggiungere quella base neutra, quello spazio meditativo, in cui sentiamo espansione e stabilità, quiete e amorevolezza.

Nel Laboratorio di Bioenergetica Meditativa approcciamo entrambi i metodi e pratichiamo consapevolmente la strada terapeutica e quella meditativa, riconosciamo le sinergie e percorriamo le due vie. Per un praticante occidentale avere uno strumento e un linguaggio affine, come quello delle psicoterapie, può facilitare la comprensione di sé. Inoltre in un laboratorio lavoriamo anche nell’equilibrare e risvegliare la nostra energia. Questo è un punto importantissimo per la pratica e l’esito delle nostre meditazioni.

Compiere esercizi, ascoltare il corpo, approfondire la respirazione, diventano preliminari indispensabili per sviluppare uno stato meditativo. Grazie a questi preliminari arriviamo a una base neutra in cui conquistiamo uno stato di presenza e consapevolezza. Ma quando emergono ricordi o emozioni utilizzare il linguaggio terapeutico è importante perché esso ci aiuta a comprendere, a riconoscere e a sciogliere nodi psicosomatici.

iniziare un viaggio

Partecipare a un Laboratorio di Esercizi

Dopo la pausa estiva percepiamo ancora il senso di libertà che la vacanza ci ha regalato. La natura, un ambiente diverso e ritmi più lenti ci hanno restituito uno stato di benessere e un ritrovato contatto con le nostre sensazioni e con noi stessi. Tornati a casa desideriamo mantenere tutto questo o forse desideriamo un cambiamento, vogliamo intraprendere un percorso introspettivo, desideriamo sciogliere qualche tensione, vogliamo migliorare il rapporto con il nostro corpo e la nostra interiorità. E così possiamo iniziare un altro tipo di viaggio: quello nel nostro universo corporeo-mente.

E così quel pensiero che ci gira per la testa …voglio fare qualcosa… voglio fare qualcosa… ci invita a prenderci cura di noi e a iniziare un percorso di consapevolezza e proprio questo può essere l’inizio di un viaggio speciale all’interno di noi stessi.

Conduco Laboratori di Esercizi dai primi anni ‘90. Condurre significa accompagnare, affiancare i praticanti nei loro percorsi facendo esercizi insieme.

Come prima cosa è importante specificare che gli esercizi sono piuttosto semplici e tutti vi possono accedere. Sono ‘semplici’ perché non hanno posture complesse e difficili ma pur essendo facili lavorano in profondità.

In un Laboratorio non ci sono obiettivi da raggiungere, nel senso di prestazioni, ma le uniche vie da seguire sono l’attenzione, l’ascolto e la consapevolezza.

Sono molteplici i motivi che possono indurre a partecipare a un Laboratorio di Esercizi. Una persona può desiderare un miglioramento corporeo, ad esempio desidera allentare tensioni e rigidità, oppure può essere spinta dal desiderare uno stato mentale meno ansioso e una maggiore chiarezza di pensiero.

Ecco alcuni motivi per iniziare a viaggiare: allentare stress, ricercare una condizione corporea flessuosa, migliorare la respirazione, aumentare l’energia e la vitalità, migliorare la concentrazione, ritrovare centratura e radicamento, ampliare le proprie capacità espressive, ritrovare più rilassamento ed equilibrio. Tutti questi aspetti concorrono a migliorare notevolmente la nostra vita e il nostro quotidiano.

Le sequenze di esercizi sovente mantengono un ritmo tra tensione e distensione, carica e integrazione, comprensione ed espressione, perché alla base vi è sempre ascolto e consapevolezza. E’ indispensabile poter riconoscere la tensione se la voglio allentare.

Tutto il percorso di lavoro del nostro incontro settimanale confluisce nello stato finale di rilassamento e integrazione, uno stato che regala una meravigliosa condizione di quiete e armonia interiore.

La consapevolezza è la via. Diventare consapevoli dei bisogni e dello stato del nostro corpo e della mente è essenziale perché senza questa consapevolezza non possiamo prendercene cura. Costruire e rinforzare la consapevolezza sensoriale è fondamentale perché gli stati emotivi sono impressi nelle viscere, nel profilo chimico del corpo e nelle contrazioni dei muscoli.

Alla fine di un percorso di esercizi ci sentiamo rilassati e fisicamente al sicuro nel nostro corpo,

siamo in contatto con la nostra interiorità privi da giudizi o schemi e finalmente liberi di poter entrare nella nostra realtà.

Una realtà che può riservarci meravigliose e inaspettate esperienze.

Bioenergetica e Meditazione

UNA VIA DI CONSAPEVOLEZZA e INTEGRAZIONE

La nostra pratica deve dare un senso alla nostra vita, altrimenti continuiamo a far cose solo per distrarci. Con la pratica possiamo arrivare alla comprensione ed all’esperienza diretta del nostro vero stato e della nostra realtà. Inoltre rapportarci all’energia in termini di integrazione significa sentire come la nostra energia può essere contratta e bloccata ma anche aperta, libera, illimitata e fonte di vita.

La pratica introduttiva di base è comprendere la nostra condizione psicofisica.

Gli esercizi che useremo hanno una matrice bioenergetica, in cui il radicamento e la respirazione sono gli aspetti fondamentali per la consapevolezza del nostro stato e per lo sviluppo energetico.

Questa pratica ha già in se stessa una componente meditativa perché ci porta all’ascolto e all’osservazione silenziosa. Affrontiamo gli ‘ostacoli’ di un pensiero invadente, di una tensione, ostacoli interni e ostacoli esterni.

Poi, seduti, iniziamo la pratica meditativa e la nostra esperienza prende un’altra forma, iniziamo il percorso spirituale.

Il primo appuntamento di questa via di consapevolezza e integrazione avverrà

domenica 20 marzo 2022

dalle ore 9.30 alle 13.30

Milano zona P.ta Romana

sono previste altre date. Il seminario non necessita di conoscenze precedenti in bioenergetica e di meditazione.

Contattateci per informazioni e iscrizioni. Solo per chi possiede green pass

sentire pienamente

Immagine-pensiero-sensazione

Penso il corpo o sento il corpo?

La domanda da porci è relativa al pensare e al sentire il nostro corpo. Chiediamoci se abbiamo più un’idea di corpo piuttosto che un flusso di sensazioni connesse al corpo.

Il senso di noi stessi è ancorato in una connessione vitale al nostro corpo.

Non siamo se non in relazione a ciò che sentiamo. Ogni cosa che diciamo o facciamo è in relazione al nostro sentire. Non conosciamo noi stessi, non sappiamo chi siamo, se non siamo in grado di sentire e dare un senso al complesso mondo delle nostre sensazioni.

Pensare è in relazione all’immagine.

Quindi prevalentemente la relazione con se stessi è data dall’idea e dall’immagine e non dal sentire.

Lowen: “Pensare può essere definito come il processo di fare connessione tra le nostre sensazioni e l’immagine che abbiamo in mente del nostro ambiente”, pensare è un ponte tra l’immagine e la realtà interna ed esterna a noi. (…) La persona non consapevole è anche incauta. L’immagine che ha di sé non coincide con quella che presenta agli altri e la sua ingenua accettazione di questa immagine la lascia aperta a risposte inaspettate”.

Tutta la ricerca di Lowen affonda le radici nel sentire corporeo: “Solo attraverso il corpo si fa esperienza della vita e del proprio essere nel mondo. Ma entrare in contatto col corpo non basta: bisogna anche mantenere questo contatto, e questo significa assumersi un impegno nei confronti della vita del corpo. Questo impegno non esclude la mente, ma esclude l’impegno verso un intelletto dissociato, verso una mente non attenta al corpo. L’impegno nei confronti della vita del corpo è l’unica garanzia che il viaggio abbia successo e si concluda con la scoperta di se stessi”.

Riconoscere la tensione muscolare

Continuando con Lowen scopriamo il significato della tensione muscolare associata alla percezione del corpo: “La perdita della consapevolezza di sé è causata da una tensione muscolare cronica, che differisce dalle normali tensioni della vita quotidiana perché si tratta di uno spasmo muscolare persistente e inconscio che è diventato parte della struttura corporea, ovvero del modo di essere”.

La mente nascosta

In questi anni anche i neuroscienziati ci fanno capire quanto le nostre aree cerebrali rispondono e influenzano la nostra relazione con le sensazioni corporee.

Antonio Damasio neurologo che ha dedicato la sua carriera alla mappatura di ciò che è responsabile della nostra esperienza del ‘sé’. Scrive: “talvolta usiamo la mente non per scoprire i fatti, ma per nasconderli. Usiamo una parte della mente come schermo per impedire a un’altra sua parte di sentire quel che accade altrove. La schermatura non è necessariamente intenzionale – il nostro offuscamento non è sempre deliberato; in ogni caso, lo schermo nasconde davvero. Tra le cose che nasconde nel modo più efficace, vi è il corpo, il nostro stesso corpo, e con ciò intendo i suoi meandri, le sue parti interne”.

Damasio, a distanza di anni da Lowen, con ricerche neuroscientifiche, ci conferma che noi abbiamo un’idea di noi stessi e del nostro ambiente e che essa può essere una schermatura adattativa, un offuscamento non deliberato, quella che Lowen chiama corazza autodifensiva. La mente nasconde gli stati interni del corpo.

Sviluppare la capacità di sentire il corpo include l’integrazione e svelamento anche di quella parte della mente che lo nasconde, quella parte che crea un’immagine e una dissociazione.

Noi traduciamo tutto ciò con l’attivare il nostro ‘senso corpo-mente’ grazie agli esercizi biocreativi: con il movimento, il respiro e la creatività, sviluppiamo la capacità di sentire e di entrare in un ascolto acritico e accogliente degli stati interni del corpo.

Abito il mio corpo e coltivo la sua vita costantemente. Divento uno scopritore e un costruttore, un viaggiatore verso il nucleo, il core, verso la natura di ciò che chiamiamo sé.

Prendo nota o sento?

L’approccio graduale

Quello di cui scrivo non deriva da teorie ma è dovuto alla mia esperienza personale e a quella vissuta come insegnante nei Laboratori di Biocreatività Energetica®. E’ evidente la tendenza ad evitare l’ascolto e la consapevolezza delle proprie sensazioni, sia per mantenere l’immagine di sé, sia perché la persona non saprebbe cosa fare.

Lowen: “La persona non è consapevole di avere tensioni croniche finché non le provocano dolore. Quando ciò accade può avvertire la tensione sottostante ma è inconsapevole del suo significato e del perché si sia sviluppata ed è incapace di fare qualsiasi cosa per ridurla. (…) Si sente a proprio agio negli atteggiamenti strutturati, inconsapevole delle limitazioni che questi impongono al loro potenziale di vita”.

La difficoltà, che si evidenzia con tante forme di evitamento, è inevitabile, e comunque l’approccio al sentire è sempre graduale.

Guardo da lontano

‘Prendo nota’ è un primo approccio all’esperienza corporea. Normalmente noi abbiamo una sommaria e superficiale percezione di noi stessi. Si percepisce un generico campo di informazioni e sensazioni e ci si limita a questo.

Nel prendere nota, l’apertura all’ascolto e al sentire è minima perché ci si limita a un leggero percepire, sia perché resisto all’esperienza profonda senza esserne consapevole e anche perché non conosco come fare.

Ciò non è condannabile: è quello che so fare ed è anche quello che posso permettermi. Prendere nota è come guardare da lontano un paesaggio in modo generico, la distanza non permette di scoprire i dettagli o di approfondire la conoscenza di ciò che guardo. In questa prima fase entrano in gioco due fattori: il primo è dovuto al non sapere come fare che si intreccia al secondo fattore che è resisto al sentire.

Nei Laboratori constatiamo quanto le persone non si siano mai soffermate a coltivare l’ascolto e quindi ignorano il mondo delle sensazioni corporee che sta oltre il prendere nota, oltre il campo delle informazioni generiche.

E qui entra in gioco il ruolo del conduttore/facilitatore. La conduzione è sia verbale che pratica perché l’operatore compie gli esercizi con il gruppo e questo ‘metodo’ è fondamentale per poter attivare il nostro sentire senza timori.

Accompagnati e condotti iniziamo il viaggio. l’insegnante con la sua voce, le parole e i suoi movimenti conduce l’esperienza e la sequenza di esercizi.

Perché evito?

Durante il percorso iniziamo a sentire quanta resistenza abbiamo nel contattare la nostra interiorità. Capisco che mi farà stare bene e non capisco perché la evito. Questa opposizione si rivela in tanti modi, con tante distrazioni adattative. A volte quanto più è efficace un incontro tanto più dimentico l’appuntamento successivo o mi giustifico con mille spiegazioni. I pensieri durante gli esercizi non lasciano la presa e tengono la mente impegnata in programmazioni future o in episodi accaduti in un passato recente o lontano. I pensieri mi invadono e vagano liberi in una terra di nessuno.

E’ in questi modi che sposto ancora lo sguardo verso ciò che è fuori da me, una famigliare abitudine, mantenendo così atteggiamenti strutturati.

Perché scoprire che la propria vita si è costruita verso tutto ciò che è fuori, all’esterno del sentire interiore, può essere una constatazione molto scomoda, difficile da accettare, ma nello stesso tempo, spostare lo sguardo all’interno può fare veramente paura.

Paura dell’ignoto? Paura del cambiamento? Vergogna? Paura di ciò che posso trovare? Scoprire che l’immagine che ho costruita di me stesso non corrisponde? Dolore fisico, essere impacciati, disagio … tutto questo è come un magma indistinto.

Autoregolazione

Non sappiamo che possiamo imparare l’autoregolazione. L’autoregolazione non è un metodo vero e proprio ma nei laboratori viene sostenuto e insegnato come svilupparlo.

Dobbiamo affrontare la nostra resistenza, la corazza dell’autodifesa, ma nello stesso tempo dobbiamo confidare in un principio di autoregolazione che ci fa arriva fin dove possiamo andare volta per volta. Così inizia un dialogo costante tra il nostro tenerci fuori ed estranei e la possibilità di confidare in un sistema ‘salvavita’ di autoregolazione, innato e istintivo.

Il nostro è un viaggio nei territori di confine: sposto il limite e nello stesso tempo mi autoregolo.

Lowen ci dice: ‘Sono convinto che la terapia sia un viaggio alla scoperta di se stessi. Non è un viaggio breve né facile, e non è privo di dolore e di sofferenza. Vi sono pericoli e rischi: ma la vita stessa non è scevra di rischi, perché è essa stessa un viaggio nel futuro ignoto’.

Così proseguiamo diventando dei veri viaggiatori, e più avanziamo, più scopriamo quanto ci piace viaggiare!

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CURA DI SÉ – Un nuovo inizio

Cosa è successo

La pandemia rallenterà poi finirà e la nostra vita rientrarà nel suo quotidiano.

Ma occorre chiederci come ci troverà il ritorno alla ‘normalità’.

Quello che è successo, e che sta ancora accadendo, non si può cancellare e non si potrà dimenticare.

Diventa importante saper cogliere gli effetti, le reazioni che manifestiamo a ciò che stiamo vivendo da oltre un anno. Lo stress prolungato che stiamo vivendo è stato chiamato dall’OMS pandemic fatique. Una stanchezza mentale dovuta dal dover seguire tutte le regole di comportamento di prevenzione al contagio (distanziamento, mascherine, igiene degli ambienti e delle mani, regole sociali). Questa condizione crea un forte stress prolungato con inevitabili conseguenze sui nostri processi fisici e mentali, uno stress che non va ignorato o sottovalutato ma osservato con cura e attenzione.

Molte persone non riescono a riconoscere di vivere una condizione stressante e traumatica. Quindi il primo passo è quello di percepire la condizione di pandemic fatique, solo da questa ‘accettazione’ possiamo comprendere le reazioni che abbiamo attivato. Non è scontato e non è neppure semplice saper riconoscere lo stress che un trauma del genere sta generando a livello personale e collettivo.

Successivamente quello che possiamo fare è di occuparci delle tracce che il trauma lascia o ha lasciato nel nostro corpo e nella mente. Riconoscere le risposte emotive che la pandemia ci suscita, è un passaggio obbligato. Più siamo esausti, come in questo momento della pandemia, più la nostra componente emotiva si esprime e si manifesta attraverso reazioni fisiche.

Nel terzo passaggio potrebbe arrivarci la percezione di una rinnovata vitalità, scaturita dalla comprensione profonda dell’esperienza vissuta. Un senso di rinnovamento che potrebbe indurci a modificare dei comportamenti per scegliere una migliore qualità di vita.

Abbiamo già detto (nel precedente articolo) che la paura e il senso di impotenza sono emozioni attive in questa situazione e, il più delle volte, inconsapevolmente. Lo stress in corso può procurare sintomi quali insonnia, problemi di concentrazione, alterazioni alimentari, ansia, una visione pessimistica e depressiva con pensieri e sentimenti negativi, apatia e demotivazione, distacco ed estraniamento verso gli altri e/o verso il nostro quotidiano, sensi di colpa, rabbia; sintomi reattivi con comportamenti irresponsabili di aggressività e/o autodistruttivi; dipendenza dall’esercizio fisico o dal lavoro. Può sopraggiungere anche un senso di estraniamento, un modo per allontanarsi dal problema, per non sentire lo shock e l’eccessivo stimolo fisico e psichico. Così la confusione, il mutismo e la disattenzione si manifestano in modo dirompente.

La disattenzione a volte si manifesta come ‘attenzioni’ disperse in innumerevoli direzioni e con discontinuità. Si pensa ad impegni futuri o si ripercorrono quelli passati, ci si fa distrarre da particolari irrilevanti. Questo fenomeno lo si riscontra sempre più nelle modalità di comunicare tra soggetti: il concetto di base non viene approfondito o sviluppato ma ci si disperde in rivoli di considerazioni irrilevanti. La capacità riflessiva e analitica si perde. E spesso anche il linguaggio è confuso con frasi spezzate e senza sviluppi logici.

Confusione e mutismo si celano dietro queste nuove forme ‘comunicative’. L’inattenzione riflette la confusione e il disperdersi in dettagli o la ripetizione dello stesso racconto in modo meccanico descrivono in realtà un mutismo e una mancanza di contatto e di relazione.

Il terreno di base su cui costruire un nuovo inizio deve avere la nostra capacità di ritornare ‘padroni di noi stessi’. Il trauma ci deruba della nostra libertà e del sentimento di essere pienamente presenti alla nostra vita. Pienamente concentrati e coinvolti in ciò che facciamo, in ascolto e in relazione con ciò che viviamo e con gli altri, liberi di sentire ciò che sentiamo senza timori e reazioni.

Ritrovarsi

Ritrovarsi può essere il nuovo inizio o finalmente, un inizio.

Proprio a causa delle profonde tracce lasciate dal trauma possiamo sentire la necessità di riprendere in mano la nostra vita.

Ad esempio possiamo desiderare di essere più presenti a noi stessi, avere più disponibilità e calma, avere un comportamento più consapevole ed equilibrato verso gli eventi della vita.

Se siamo in equilibrio possiamo apprendere dalla nostra esperienza e non ne siamo sopraffatti.

Possiamo sviluppare quell’ascolto che è una delle premesse necessarie per conoscere le nostre esperienze interiori, che così facilmente sfuggono alla nostra attenzione, ma indispensabile anche per conoscere le esperienze interiori degli altri.

Le neuroscienze hanno preso in considerazione la necessità di ‘sentire’ e hanno trovato percorsi per definire la consapevolezza interna soggettiva. Il termine tecnico corrispondente è interocezione, dal latino ‘guardare dentro’.

Il neuroscienziato Joseph LeDoux e i suoi colleghi dimostrarono che la sola via conscia di accesso al cervello emotivo è quella dell’autoconsapevolezza attraverso, per esempio, l’attivazione della corteccia prefrontale mediale, la parte del cervello che osserva cosa succede dentro di noi, permettendoci così di sentire ciò che stiamo sentendo. Gran parte del nostro cervello cosciente è dedita a focalizzarsi sul mondo esterno: si occupa di entrare in relazione con gli altri e di fare piani per il futuro. Tuttavia ciò non ci aiuta a gestire noi stessi. La ricerca neuroscientifica dimostra che il solo modo in cui possiamo modificare come ci sentiamo consiste nel divenire consapevoli della nostra esperienza interiore, imparando a diventare amici di ciò che accade dentro di noi.

Autoconsapevolezza – Imparare ad abitare il corpo

Il senso di noi stessi è ancorato al nostro corpo.

Rifiutare di ascoltare il proprio corpo è rifiutarsi di trovare il senso di se stessi.

L’ottundimento (o la ricerca compensativa di emozioni forti) ci permette di rendere la vita accettabile, tollerabile, ma perdiamo completamente la consapevolezza del nostro mondo corporeo e dell’essere vivi.

E’ importante intraprendere il viaggio prima che si manifesti un sintomo cronico.

Bisogna diventare viaggiatori nella terra della propria interiorità. Perché se non siamo consapevoli del nostro panorama interno non possiamo prendercene cura.

Imparare ad abitare il corpo è iniziare ad apprendere un nuovo linguaggio, entrare in un vero dialogo pieno di significati e di senso. Se si è sempre nell’agire e nel reagire l’organismo innesca solo risposte inappropriate di attacco/fuga.

I partecipanti del laboratorio di Biocreatività® arrivano, spesso appesantiti e stressati, pieni delle difficoltà e fatiche della settimana, ma poi si inizia il viaggio, sono disposti a sentire.

L’apertura a sentire è il vero inizio.

Aprirsi all’ascolto è il primo passo per creare l’incontro con se stessi, per avere consapevolezza della nostra interiorità. E’ l’inizio per imparare a diventare amici di ciò che accade in noi.

Nel Laboratorio vi sono il conduttore e i compagni di viaggio.

Riconoscere che qualcuno ci può facilitare e accompagnare nel viaggio è importante, come sono importanti gli altri partecipanti. Sentire il gruppo e avere compagni crea una comunanza che ridimensiona le proprie concezioni o pensieri negativi o il senso di isolamento.

Trovare nel nostro corpo il luogo sicuro in cui abitare è la sfida.

Il rischio quando lo stress è così elevato è di allontanarsi da se stessi rifugiandosi in un mutismo e in una forma di ottundimento per non sentire. Le persone si richiudono e cercano di offuscare il proprio mondo interno.

Il desiderio di annullarsi nella distrazione o schermarsi è un rischio costante, anche per chi segue regolarmente una pratica corporea. La reazione emotiva allo stress prende il sopravvento e ci giustifichiamo allontanandoci dalla pratica. Scegliamo di restare nella nostra zona confortevole giustificando la nostra fretta, superficialità, stanchezza e mancanza di attenzione.

Essere presenti al presente – Un nuovo inizio

Diventare consapevoli del corpo cambia il senso del tempo. Diventare attenti ci porta nella realtà e nel presente esattamente come l’inattenzione ci fa disperdere e ci porta altrove.

Ascoltare le nostre pecezioni e sensazioni è un ancoraggio al tempo presente.

I cambiamenti avvengono momento per momento nel nostro viaggio interiore e portano con sé le risposte dell’organismo. Così ogni posizione, movimento e respiro ci portano nel presente, ci fanno sentire il nostro corpo un luogo sicuro, momento per momento. Alla fine di un Laboratorio si ha la sensazione di essere rigenerati, fermi in un tempo presente, la mente non rincorre pensieri nel futuro o nel passato è al contrario molto silenziosa, perché l’ascolto corporeo può accadere solo nel tempo presente.

Nel presente c’è il corpo. C’è il tempo reale. Consapevoli dell’attimo e nell’attimo.

Il corpo riportato al suo stato base di rilassamento e sicurezza elabora risposte a pericoli e stress, esce dalle reazioni attacco/fuga. Il lavoro corporeo ci toglie dai nostri automatismi favorendo l’emergere spontaneo di tutte le nostre risorse e potenzialità.

La bellezza di esserci pienamente è un processo creativo, un’arte da imparare.

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www.biocreativita-energetica.it

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Cura di sé – abitare il corpo

abitare il corpo

Stress e trauma

La pandemia ci sta costringendo a vivere una condizione di forte stress. Gli effetti del perdurare di questa situazione si manifestano nelle persone e nella collettività.

Possiamo parlare della pandemia come di un profondo trauma sociale e individuale con evidenti effetti da stress traumatico. E’ un trauma presente, non possiamo ancora raccontare di un evento passato o di effetti post traumatici. E’ in atto un vero shock, una stimolazione psicologica intensa che colpisce l’umanità.

Per quanto capaci di resilienza, questa esperienza sta lasciando tracce nelle persone e nella collettività.

Tutti noi siamo accomunati dalla stessa esperienza traumatica, vi siamo immersi, proprio per questo ci risulta ancora difficile vederne gli effetti psicologici e comportamentali. Siamo travolti dalla stessa fonte di stress e non abbiamo nessuna distanza temporale che possa permettere una elaborazione lucida.

Inoltre normalmente un trauma è circoscritto. Può esplodere in una comunità che viene travolta da un terremoto, da una siccità; oppure in una famiglia che subisce lutti, separazioni; in una persona che subisce violenza, ma è pur sempre circoscritto. Colpisce gli interessati e i suoi famigliari, un’area geografica, però rimane sempre un’altra parte ‘sana’ che si prende cura, che assiste e aiuta. Una parte che non viene toccata direttamente dal trauma e che quindi mantiene vitalità e lucidità: è la parte che soccorre, che si attiva per la cura.

Ma adesso la pandemia è mondiale, lo stress è collettivo, la pressione psicologica è di tutti. Dove e come intravedere la sicurezza?

Reazioni

Il trauma, per definizione, è intollerabile, insopportabile e questa condizione pandemica sta diventando insostenibile portando con sé forti insofferenze, dissociazioni o negazioni, comunque innumerevoli comportamenti reattivi.

Un esempio eclatante di atteggiamenti reattivi sono state le scene dei pestaggi di gruppo organizzati dai giovani. Inoltre la rabbia, negli adolescenti, ma non solo in loro, quando non è espressa può essere rivolta anche verso se stessi, prendendo forme di autolesionismo, chiusura esasperata, depressione. C’è sempre stata poca educazione al conflitto, alla gestione della rabbia o della frustrazione e questa carenza, in una situazione di emergenza come questa, emerge ancora più chiaramente.

I giovani rischiano di crescere insicuri e ansiosi.

Un individuo che non ha di fronte a sé il suo percorso esistenziale e progettuale costruisce una collettività che fatica ad evolversi o ad assorbire rimettendo in circolo aggressività e reattività.

Una situazione traumatica come questa pandemia sta producendo cambiamenti psicologici reali in ognuno di noi, lascia tracce nella mente e nelle emozioni, nella nostra intimità e capacità di contatto.

La mancanza di contatto, usando un gioco di parole, sta diventando sempre di più una ‘mancanza di tatto’. Una mancanza di tatto verbale e comportamentale. L’istinto sta prendendo il sopravvento (invasione di supermercati inizio pandemia, assembramenti irresponsabili) e rischiamo sempre più di entrare nella logica della sopraffazione, del ‘ci sono prima io!’.

Gli atteggiamenti delle persone traumatizzate e spaventate sono dovuti a modificazioni cerebrali reali, ci dicono le neuroscienze, non derivano da debolezze morali o da scarsa educazione. Queste nuove discipline ormai ci sanno dire come vengono compromesse le aree cerebrali a causa di traumi subiti.

Il distanziamento, la diffidenza, la mancanza di contatto, di relazione diretta sta creando un senso di insicurezza e di ansia diffusa e profonda. Così anche la nostra percezione fisica, corporea viene compromessa e con essa il sentirci vivi, presenti, svegli e la spontanea capacità di provare gioia.

I nostri confini corporei, emotivi e cognitivi sono messi a dura prova dalla paura e dallo stress.

Il trauma è attivo, è in corso, prendiamo atto che il nostro sistema psicofisico è in sofferenza.

Risposte

È essenziale mantenerci coinvolti nella nostra vita quotidiana, avere attenzione, sviluppare l’ascolto percettivo e sensoriale affinchè si possa restare nel presente in modo equilibrato avendo cura di noi stessi e degli altri.

Occorre focalizzarci e ancorarci nell’osservazione attenta, direi capillare, dei cambiamenti in atto a partire da noi stessi, se non vogliamo restarne sopraffatti, inconsapevolmente disturbati.

Osserviamo la nostra plasticità mentale e la nostra resilienza.

Fatichiamo a percepire e a valorizzare la parte ‘sana’ che può venirci in soccorso, ma essa esiste è a portata di mano. La risorsa e l’ancoraggio ci vengono offerti dal nostro corpo.

Il nostro corpo violato, isolato e rinchiuso, minacciato dal virus e dalla rabbia è anche la nostra zattera di salvataggio.

Occorre ritrovare nel corpo le esperienze che contrastano in modo profondo e viscerale la chiusura e l’impotenza, l’isolamento e la rabbia. La cura e la malattia sono nello stesso luogo, l’aiuto ci è dato dalla nostra consapevolezza corporea.

Lo stress viene accumulato nelle tensioni, nelle anestesie di aree corporee, è immagazzinato nella nostra realtà psicofisica.

Abitare il corpo

Ma sciogliere tensioni è la cura. Abitare il corpo è la cura.

Ritrovando noi stessi nelle nostre sensazioni attiviamo le risorse curative e lenitive.

Ecco che percepire il nostro ambiente corporeo sicuro e sano diventa una condizione imprescindibile per ‘igienizzarci’e ‘sanificarci’ dal contagio del trauma, dall’invasione e dalla paura, recuperando di conseguenza un comportamento meno reattivo.

Abitare un luogo sicuro come il nostro corpo è l’antidoto allo stress da trauma.

Durante un Laboratorio di Biocreatività Energetica® o in un incontro individuale risvegliamo le nostre percezioni e sensazioni, costruendo in questo modo il nostro ambiente sicuro.

Essere consapevoli di ciò che succede nel corpo ci permette di navigare con sicurezza nella nostra vita.

Questo è anche il viaggio alla scoperta di sé, che non si conclude mai perché non c’è terra promessa, ma essere attrezzati, soprattutto in una tempesta di questa portata come la pandemia, ci permette di riuscire, di capire e anche di evolvere.

Consapevolezza e conoscenza sono gli strumenti a nostra disposizione per essere resilienti.

La forza curativa della consapevolezza corporea la ritrovo ad ogni Laboratorio, anche se online, e negli incontri individuali.

Infatti il metodo creato dall’Istituto Aisthesis è di grande supporto in una situazione di stress traumatico come questa. Un metodo in cui l’ascolto è importante, perché parlare permette a noi stessi di conoscere e capire cosa ci succede, e gli esercizi permettono al corpo di avere esperienze rassicuranti e conoscitive che ci inducono ad abitare il nostro corpo e che contrastano l’insicurezza e lo stress.

Appena sarà possibile riprenderemo in presenza e in sicurezza gli esercizi e il lavoro biocreativo di consapevolezza, sono previsti incontri gratuiti di prova.

alessandra.m.trento

Cura di sé

Stiamo vivendo un momento unico, sicuramente difficile, che ci trova impreparati e come tutte le nuove condizioni le stiamo apprendendo mentre le viviamo. Esserne consapevoli e conoscerle sono gli strumenti utili per poterci adattare.

Non conosciamo ancora gli effetti che avremo da queste nuove condizioni di vita, ma alcune avvisaglie le stiamo vedendo e sperimentando, anche perché ormai siamo in isolamenti e distanziamenti da quasi un anno, siamo in una condizione di grande stress di cui non vediamo la fine.

Ma com’è diventato, in questo momento storico, il confronto e la relazione con l’altro? Quali e quanti filtri difensivi abbiamo messo tra noi e gli altri? Non abbiamo più quegli scambi aperti e a volte conviviali necessari per desiderare la verità e l’incontro. Abbiamo perso il dialogo ‘in presenza’ schietto e diretto. Ci relazioniamo con poche persone, spesso sempre le stesse e appartenenti ad una cerchia ristretta.

Così il filtro della paura e della distanza sta condizionando le nostre percezioni ed esperienze, ormai con automatismi di cui ovviamente non siamo coscienti.

Nessuna arte di vivere si può esercitare in solitudine perché necessita del confronto dialogico con l’altro.

Avere cura di sé è avere un movimento fluido, creativo, relazionale con tutto ciò che ci circonda, con il nostro ambiente nella sua complessità e interezza.

Purtroppo l’individualismo, che già caratterizza la nostra cultura, rischia di condurci ad una cura di sé troppo solitaria, chiusa e avvolta da una rete di autosufficienza e non da una rete di relazione.

Chiediamoci come riverbera tutto ciò nei nostri atteggiamenti ed emozioni, nel nostro ambiente interno. Perché la mancanza di relazione è anche intrapsichica e corporea.

Diventa ancora più evidente l’importanza del movimento psicocorporeo, dell’esercizio consapevole come condizione imprescindibile per avere cura di sé. Il movimento è alla base dell’ascolto e ora i movimenti sono limitati e anche l’ascolto è limitato.

Esercitiamo pochi movimenti perché sovente costretti da una sedentarietà data dal lavoro da remoto. Oppure vediamo persone che camminano, contano i passi o i chilometri, un po’ spaventati dalla limitatezza.

Ma questa limitata libertà di movimenti come influisce sul corpo, sulla mente e psiche? Queste nuove paure e condizioni quali tensioni creano? Come si riflettono nella nostra realtà psicocorporea? Domande che ci dobbiamo porre se vogliamo coltivare la cura di noi stessi.

La consapevolezza dell’esperienza corporea ci offre un ancoraggio incredibile e, in questo periodo, in questo nuovo mondo, più che mai ci è utile essere radicati, per mantenere l’apertura dell’ascolto e della relazione con il nostro ambiente interno ed esterno.

Da mesi i nostri laboratori proseguono online. Dai nostri incontri diventa evidente ed emerge l’importanza, la necessità, di poter avere un momento di contatto con il gruppo e con noi stessi.

Una grande novità è stata quella di scoprire come siamo stati capaci di adattarci.

In questa situazione di emergenza l’incontro online è proficuo esattamente come in presenza.

La conduzione diventa ancora più importante e dettagliata perché i partecipanti seguono la voce e (a volte mi guardano sullo schermo) ma seguono le parole, il respiro e sentono la presenza degli altri.

Il respiro, la voce e le parole, sono le tracce del sentiero e del percorso. Tracce che accompagnano e facilitano l’incontro con se stessi.

L’altra grande scoperta è l’importanza dell’ancoraggio corporeo, forse più che scoperta direi la riconferma della necessità di essere in relazione con il corpo. Si dissolvono in questo modo strati e strati di tensioni e paure. Ovviamente il nostro lavoro di Biocreatività-Energetica® non è puramente meccanico e fisico, comprende la mente, la psiche e lo spirito, cioè l’individuo nella sua complessa e meravigliosa interezza.

In un incontro nel nostro laboratorio online riusciamo a ‘depositare a terra’ molto stress; a recuperare energia vitale, equilibrio e armonia. Ecco che ritrovare l’universo corporeo ridà fiducia e regala sensazioni di apertura e libertà davvero senza limiti.

Un momento storico come questo ci richiede una cura particolare e attenta. Non solo il corpo necessita di energia ed equilibrio per mantenere un buon sistema immunitario, anche la psiche richiede quiete e capacità di elaborazione per mantenere un proprio equilibrio e salute.

Sentirsi liberi è un gesto interiore di consapevolezza.

Avere cura è un gesto d’amore e comprensione verso di sé e verso gli altri.

Testimonianze

TESTIMONIANZE

‘Testimonianze’ sarà una sezione del sito in cui poter leggere, quasi ‘ascoltare’, le condivisioni dei praticanti riferite alle esperienze vissute nei corsi o negli incontri individuali.

Sono narrazioni scaturite da un importante percorso di lavoro su di sé oppure sono istantanee di momenti particolari vissuti durante un laboratorio. Narrazioni che vogliono ispirare nei lettori la possibilità della ‘via d’uscita’, della realizzazione e risoluzione.

Chi vi parla sono praticanti che hanno scelto di conoscere e sperimentare un percorso psicocorporeo di Biocreatività-Energetica® e di Bioenergetica nel nostro Istituto.

Nonostante i tanti anni di lavoro in questo ambito, ancora mi sorprendo quando sono testimone di quei ‘momenti di grazia’ in cui profonde verità e prese di coscienza arrivano ed emergono con spontaneità e forza. Il velo dell’illusione si apre e … improvvisamente … vedo, sento, comprendo: ecco cosa è successo! … ecco come mi sento! La visione diventa chiara e con essa anche la consapevolezza della sensazione e dell’emozione.

Quello che emerge da queste testimonianze è la ricchezza, la profondità e la grande forza trasformativa che riceviamo da questa pratica. Il percorso può essere impervio e di sicuro non facile, ma sempre si viene ripagati dalla costanza e determinazione a voler stare bene, a voler risolvere le difficoltà, dal voler cercare la conoscenza e la consapevolezza di se stessi.

Conoscere la propria storia offre la possibilità della trasformazione e quindi della liberazione dai blocchi e nodi psicocorporei.

La prima testimonianza è quella di Laura.

Laura partecipa ai Laboratori Bioenergetici e ha iniziato un percorso personale spinta da un disturbo del linguaggio con disfluenze verbali. Ora quella difficoltà è un ricordo e infatti dalla sua condivisione non arriva la benché minima sofferenza per quello che è stato un interminabile e vero dramma esistenziale.

Nel suo scritto si intrecciano le esperienze corporee, i condizionamenti famigliari con il peso delle ferite e il loro riflesso sull’agire nel mondo. Una caratteristica importante era data dalla ‘sfida’ al mondo; il suo mento lo diceva non solo il suo atteggiamento caratteriale. Fin quando la ‘resa’ ha creato la scintilla del cambiamento profondo.

Leggendo si comprende quanto la conoscenza di sé debba avvenire in modo unitario e integrato.

All’inizio è il respiro, poi sono i piedi, le spalle più morbide, poi il camminare e una schiena diversi, poi una voce nuova.

Strato dopo strato, si aggiunge o ci si alleggerisce di un peso, di una sensazione di una parte del corpo diversa.

Cambiamenti esterni ma prima di tutto interni. Non c’è cambiamento esterno se non c’è stato un cambiamento interno.

Non si tratta solo di respirare meglio. Respirare meglio significa aver interiorizzato un senso del respiro più ampio, un senso della vita più ampio.

Avere un appoggio diverso dei piedi non significa camminare meglio, ma camminare diversamente nella vita.

Avere finalmente una voce, è avere una voce che si può esprimere nel flusso delle parole.

Il nostro sguardo sul mondo cambia e diventa benevolo, e cambia lo sguardo degli occhi, i nostri occhi si fanno più morbidi e più aperti, e vedono cose che non hanno mai visto.

La bellezza del lavoro bioenergetico è la sorpresa continua, la conquista di nuove visioni, una trasformazione profonda, e nel mio caso finalmente la resa.

La sfida, un forte condizionamento familiare ma non solo, è stato l’elemento che mi ha accompagnato da sempre.

Insieme alla resistenza ha rappresentato un radicatissimo schema di comportamento, quello che si può dire un “marchio di famiglia”.

Le circostanze della vita mi hanno portato in situazioni, e in relazioni, in cui la sfida è stata sempre l’elemento preponderante, necessario, per me imprescindibile, una coazione a ripetere naturale, un pilota automatico per relazionarmi e muovermi nel mondo.

Fino a quando l’attenzione non si è fermata su quanto questo sfidare fosse troppo limitante, uno schema fortemente ripetitivo, troppo fine a se stesso e lentamente, la sempre più forte sensazione che non fosse più necessario.

La decostruzione della sfida e della resistenza è stato un percorso lungo e difficile, ma per me il più denso di significati.

Abbandonare uno schema così potente per abbracciare finalmente la resa è la mia più grande rivoluzione, e porta con se un senso di cambiamento anche per la mia famiglia.

E nel mio corpo, quel mento così rigido e sfidante, ha cambiato la sua forma, è diventato più morbido, si è trasformato in un mento nuovo, perché la sfida non è più necessaria.

Cammino nel mondo con fiducia e apertura verso la vita, riconosco la sfida e la guardo con occhi diversi.

Laura dicembre 2020

Questa è la preziosa testimonianza di Laura. Si sente tutta la profondità di un percorso di vita e l’amore per se stessi. L’amore che ci spinge verso la nostra più autentica umanità e che ci fa superare ogni blocco e impedimento.

Il vero motore è l’energia dell’amore per sé e per la vita.

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